Così li definiva Plutarco, filosofo greco, 2000 anni fa.
Stiamo sbagliando molto e i dati lo dimostrano.
N.E.E.T.: Not in Education, Employment or Training.
Chi sono? Cosa è cambiato per loro?
Così, invece oggi, sono definiti e soprannominati i giovani che non studiano e non cercano lavoro: persone inattive a tutti gli effetti, per svariati motivi, che non seguono nemmeno corsi professionalizzanti.
Il termine nasce nel Regno Unito nel 1999, per classificare una determinata fascia di popolazione, compresa tra i 16 e i 24 anni, che non lavorava e nemmeno era impegnata in un percorso di studi.
In Italia, i Neet – tra i 15 e i 34 anni – sono oltre 3 milioni; un dato allarmante, caratterizzato da disuguaglianze territoriali, di genere e cittadinanza, con prevalenza femminile, dimostrando che per le donne è più complicato uscire da questa condizione.
Quali sono le cause del N.E.E.T.?
Perché, per la generazione lavorativa del futuro, il mondo del lavoro è così ostile e privo di stimoli?
Dove cercare le cause principali di una situazione stagnante?
- Nei centri per l’impiego, il sistema di profilazione di coloro che possono essere chiamati per iniziare un percorso di formazione, riqualificazione e occupazione non funziona ancora come dovrebbe.
- I cosiddetti Neet sono tra coloro che maggiormente usufruiscono del reddito di cittadinanza in Italia, cosa che li fa privilegiare una situazione di garanzia, rispetto alle incertezze del mondo del lavoro, anche se la misura è ora oggetto di revisione e restrizioni.
- Le aziende ristrutturano il proprio organico, apportando tagli numerici significativi perché non supportate dal sistema, con sufficienti e puntuali manovre di incentivazione.
- Le procedure di assunzione con agevolazioni e sgravi fiscali sono ancora troppo complesse.
- Non si investe adeguatamente nella formazione aziendale per la crescita personale e professionale dei neo assunti e, soprattutto, i salari sono ancora troppo bassi.
Il fenomeno dei N.E.E.T., cosa sta cambiando?
Anche se qualcosa si sta muovendo, a fronte di dati scoraggianti, siamo ancora molto indietro, mentre il mondo del lavoro ha bisogno di muoversi velocemente e in modo snello per poter pensare di iniziare a raggiungere stabilità economica, in un clima fatto di incertezze, dove ancora non si comprende la potenzialità di una risorsa preziosa come la forza lavoro giovane, da forgiare e incentivare.
Le aziende hanno il compito di risultare attrattive, cambiare le visioni e il modello organizzativo, perché i giovani ormai hanno bisogno di continui stimoli per integrarsi e produrre. Facciamocene una ragione, questa è un’altra era.